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NORMATIVA 4
La costituzione, se non quando delega alla legge ordinaria la definizione dei limiti per la ricerca della paternità, non prevede alcuna norma specifica per l'istituto dell'adozione.
Nella legge suprema dello Stato si trovano però degli importanti riferimenti alla famiglia e ai minori, applicabili anche alle famiglie adottive, come il ruolo centrale della famiglia, il principio di non discriminazione particolarmente rilevante per le adozioni internazionali, il diritto - dovere dei genitori ad educare e accudire i figli, oltre la previsione di sostegni economici alle famiglie.
Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 30. è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
I principali riferimenti normativi per l'istituto dell'adozione si ritrovano nellla leg. 4 maggio 1983 n. 184, come modificata dalla leg. 28 marzo 2001 n. 149, e nella leg. del 31 dicembre 1998 n. 476 che ha ratificato, e quindi reso esecutiva, la Convenzione de L'Aja del 29 Maggio 1993.
La 149/2001, intitolata "Diritto del minore ad una famiglia", ha modificato il precedente sistema relativo alle adozioni, ponendo al centro del sistema il diritto del minore a crescere in una famiglia capace di svilupparne appieno le potenzialità ed aspirazioni, rispetto al precdente ordinamento in cui centrale era la tutela del desiderio di genitorialità dei coniugi.
L'adozione si configura quale estremo rimedio a fronte di un situazione irreparabile di abbandono in cui versa il minore; se al contrario la situazione di abbandonoè temporanea o reversibile la legge prevede forme di intervento quali l'affidamento o misure di sostegno per la famiglia d'origine, al fine di far superare le momentanee difficoltà.
Il nuovo impianto normativo ha come obiettivo prioritario il diritto del minore a vivere in una famiglia, preferibilmente la propria; solo qualora ciò non sia possibile, allora l'ordinamneto prevede la possibilità che questo diritto si realizzi un'altra idonea e capace di fornirgli tutto l'amore e le cure di cui ha bisogno.
Perchè un minore possa essere adottatoè necessario che la situazione in cui si trova sia tale da compromettere il suo sviluppo psicofisico.
Normativa Nazionale
La finalità assistenziale dell'istituto dell'adozione ha trovato un primo efficace riconoscimento nel nostro ordinamento a partire con la legge 431/1967, anche nota comelegge sull'adozione speciale, specificatamente diretta ad assicurare la protezione dei minori di età inferiore agli 8 anni e a soddisfare il loro interesse, prevedendo che questi siano inseriti in una famiglia. Precedentemente, e comunque ancora fino al 1983 con l'adozione "normale", l'interesse prevalente, protetto dall'istituto, era quello che derivava dalla tradizione romana, di assicurare la trasmissione del nome e del patrimonio familiare.
Con l'approvazione della legge n. 184 del 4 maggio 1983, recante disciplina dell'adozionee dell'affidamento dei minori, sono stati fatti importantissimi passi avanti nel cammino diretto al passaggio dalla tutela dell'interesse degli adulti a quella del preminente interesse del minore. Essa ha, infatti, esteso a tutti i minori di 18 anni le disposizioni dell'adozione prima chiamata "speciale" ed escluso l'applicazione a essi della normativa sull'adozione detta "ordinaria" prevista dal codice civile (articoli 291-314) e privilegiante l'interesse dell'adottante.
Ma solo recentemente, con l'avvento della legge n. 149 del 28 marzo 2001, il diritto del minore a essere preservato da ogni pericolo che possa ripercuotersi negativamente sulla sua personalità è un dato che può dirsi acquisito: solo con questa legge di riforma viene proclamato esplicitamente il diritto del minore a crescere e svilupparsi nell'ambito della propria famiglia e, nel caso in cui questo non sia possibile, a trovare una collocazione - temporanea o definitiva, a seconda dei casi - nell'ambito di un nucleo familiare sostitutivo.
Oltre ad aver assunto il minore quale titolare di diritti la legge n.149 del 28 marzo 2001 ha introdotto altre innovazioni, e le principali sono state le seguenti:
- innalzamento da 40 a 45 anni dell'età che deve intercorrere fra genitori che aspirano all'adozione e il minore da adottare;
- trasformazione della procedura di adottabilità che ora avviene con sentenza e con maggiore rispetto del contraddittorio fra le parti,
- creazione di una banca dati elettronica nazionale presso il ministero della Giustizia per agevolare l'abbinamento fra minorenni abbandonati e coppie aspiranti,
- sufficienza del solo matrimonio fra gli stessi aspiranti genitori (prima era necessaria, oltre all'avvenuto matrimonio, anche la convivenza di almeno tre anni, ora invece sarà presa in considerazione anche la convivenza avvenuta prima del matrimonio),
- graduale chiusura degli istituti di ricovero entro il 31/12/2006 (dopo quella data non sarà più possibile ricoverare minori in Istituto ma solo affidarli a famiglie disponibili o a case-famiglia).
I principali riferimenti normativi per il nostro ordinamento in materia di adozione sono:
- "Nuovi criteri di autorizzazione per gli enti", supplemento Ordinario n. 271 della G.U. n. 289 dell'11 dicembre 2008, deliberazione del 28 ottobre 2008
- "Regolamento recante riordino della Commissione per le adozioni internazionali", Decreto Presidente della Repubblica n 108 dell' 8 giugno 2007
- "Modifica alla Legge del 4 maggio 1983, n. 184 recante Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", Legge n. 149 del 28 marzo 2001.
- "Testo unico anno 2001 delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità", D.lgs. 151 del 26 marzo 2001.
- "Regolamento anno 1999 recante norme per la costituzione, l'organizzazione e il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali", D.P.R. n. 492 del 1 dicembre 1999.
- "Ratifica 1998 ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983", n. 184, in tema di adozione di minori stranieri. Legge n. 476 del 31 dicembre 1998.
- "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori". Legge n. 184 del 4 maggio 1983.
ALLEGATI:
Normativa Internazionale
A livello internazionale siè sviluppato uno sforzo comune tra gli Stati di origine dei minori in stato di adottabilità e gli Stati nei quali era presente una forte disponibilità delle coppie alle adozioni internazionali, per far si che le rispettive legislazioni convergessero in modo che i diritti dell'adottato e l'adottando fossero tutelati. Questo impegno ha portato alla redazione Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, ufficialmente emanata il 29 maggio 1993 a l'Aja nei Paesi Bassi.
La Convenzione stabilisce innanzitutto i fondamentali principi dell'interesse superiore del minore e del rispetto dei suoi diritti fondamentali, garanzia per qualsiasi tipo di sfruttamento, che si concretizzano nell'obbligo per gli Stati firmatari di produrre, nei rispettivi ordinamenti giuridici, delle comuni disposizioni normative.
A livello di Convenzione si è stabilito di considerare adozione (vedi art. 2) unicamente l'istituto che, interessando i minori di 18 anni, abbia come conseguenza la creazione di un rapporto giuridico definitivo di parentela tra i genitori adottivi ed i minori, escludendo quindi dal campo di applicazione della Convenzione ogni altra possibile tipologia di istituto giuridico, variamente configurabile secondo le tradizioni familiari e le fondamenta giuridiche dei paesi aderenti.
L'art. 1 della Convenzione ne definisce i suoi obiettivi principali:
- definire misure di tutela che possano garantire, nell'adozione internazionale, la realizzazione del miglior interesse del minore ed il rispetto dei suoi diritti fondamentali riconosciuti dal diritto internazionale. In pratica la Convenzione stabilisce che gli Stati aderenti alla Convenzione, nel momento in cui regolano l'istituto dell'adozione internazionale nei rispettivi ordinamenti interni, si impegnano a garantire in maniera prevalente i diritti dei minori, rispetto alle altre posizioni giuridicamente rilevanti nel processo adottivo.
- instaurare un sistema di cooperazione tra gli Stati contraenti che possa assicurare il rispetto delle suddette misure di tutela e, quindi, prevenire la sottrazione, la vendita nonché il traffico dei bambini. Si stabilisce in questo modo il principio della sussidiarietà per il quale l'adozione internazionale è uno strumento da adottare per la protezione dei diritti dei minori, solo quando manchi ogni altra soluzione nazionale. In ogni caso devono essere escluse dal processo dell'adozione internazionale ogni finalità di lucro o profitto.
- garantire in tutti gli Stati contraenti il riconoscimento delle adozioni che siano state realizzate conformemente alle disposizioni della Convenzione.
Perché questi diritti ed obiettivi siano garantiti la Convenzione ha previsto che ogni Stato contraente determini, in riferimento ai propri ordinamenti interni, i soggetti giuridicamente competenti ad effettuare i controlli previsti a livello internazionale.
Nell'ottica di creare uno standard internazionale per le Adozioni internazionali risulta centrale il dettato dell'art. 23 della Convenzione che istituisce il principio di riconoscimento di pieno diritto delle adozioni in tutti gli stati contraenti, quando il processo adottivo si sia realizzato secondo le direttive stabilite dalla Convenzione. In questo modo il minore "adottato" secondo le regole della Convenzione in uno degli Stati sottoscrittori, assume lo stesso status di "adottato" (e quindi tutte le tutele di legge) anche negli altri Stati contraenti.
Ogni Paese poi si impegna ad istituire un'Autorità Centrale che tra i vari compiti ha anche quello di essere l'organo di riferimento e di contatto per le adozioni internazionali per tutti i paesi contraenti.
Le Autorità centrali nei paesi di origine devono garantire in primis che lo stato di adottabilità del bambino sia preparato da adeguate relazioni che attestino:
- che i genitori naturali sono stati informati delle conseguenze definitive dell'adozione;
- che i genitori naturali, e in particolare la madre, abbiano dato il loro assenso solo dopo la nascita del bambino;
- che il consenso degli istituti o delle persone responsabili del bambino sia stato accordato spontaneamente;
- prima dell'adozione e senza alcun compenso o pagamento;
- il bambino, a seconda dell'età e della maturità psicologica, deve essere preparato psicologicamente e adeguatamente informato sulle conseguenze e le sue opinioni e i suoi desideri sono stati presi in seria considerazione.
Le Autorità centrali dei paesi di accoglienza invece si devono occupare di garantire che i genitori adottivi rispondano ai requisiti per l'adozione e che siano stati adeguatamente preparati.
LINK CORRELATI:
Normativa Regionale
L'ordinamento italiano, ai sensi del 39-bis. comma 1 della legge 184/83 come modificata dalla legge 149/2001, riconosce alle Regione e alle Province autonome di Trento e di Bolzano determinate competenze nell'ambito dei processi relativi all'adozione, in particolare:
- concorrono a sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla presente legge;
- vigilano sul funzionamento delle strutture e dei servizi che operano nel territorio per l'adozione internazionale, al fine di garantire livelli adeguati di intervento;
- promuovono la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili.
Il secondo comma dello stesso articolo prevede che le le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire un servizio per l'adozione internazionale che sia in possesso degli stessi requisiti richiesti agli Enti Autorizzati. Allo stato attuale solo la Regione Piemonte ha istituito questo servizio.
Altro atto normativo che investe compiti e funzioni delle Regioni è il D.P.R. n. 108 del 08/06/2007 "Regolamento recante riordino della Commissione per le adozioni internazionali", che, fra le altre cose, prevede quali debbano essere le forme di collaborazione fra la Commissione per le Adozioni Internazionali e le Regioni e Province autonome, e in particolare:
- l'art. 6, comma 1, lettera c) stabilisce che le medesime funzioni, svolte dalla Commissione per le adozioni internazionali sull'attività degli Enti Autorizzati, sono svolte anche sull'attività dei servizi per l'adozione internazionale istituiti dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano;
- l'art. 6, comma 1, lettera p) prevede per il sostegno post-adottivo, la collaborazione dei servizi territoriali organizzati e coordinati dalle Regioni e Province autonome, secondo le modalità definite in sede di Conferenza Unificata;
- l'art. 6, comma 1, lettera q) stabilisce il coinvolgimento dei rappresentanti delle Regioni e degli Enti Locali all'interno di un tavolo tecnico costituito presso la Conferenza Unificata per il coordinamento delle attività di cooperazione nei paesi stranieri per la protezione e la promozione dei diritti dei minori.
Per agevolare questa realtà ogni Regione ha individuato un sistema di coordinamento degli operatori necessari a seguire le coppie ed i bambini, sia nella fase che precede l'adozione che in quella ancor più delicata che ne segue, migliorando la risposta alle necessità di natura burocratica, medica, sociale. Dal perché si adotta, alla soddisfazione del bambino sino alle complessità dell'inserimento scolastico. Individuare una rete regionale di Servizi socio ¿ sanitari di riferimento, aggiornarne gli operatori, informare le coppie e collegare Tribunali e Servizi in sistemi facili ma efficaci è il dovere del Centro.
LINK CORRELATI:
· Statuo del centro regionale Adozioni Internazionali
Diritti del minore
L'affermazione dei diritti del minore è un percorso parallelo all'evoluzione della società civile, ed alla sua crescita culturale e giuridica, che si fonda sulla rinnovata riflessione sui principi costituzionali, favorita anche dai numerosi trattati, dichiarazioni e convenzioni internazionali, che negli ultimi decenni sono stati emanati da importanti organismi istituzionali sovranazionali. Il vero cambiamento nella percezione dei diritti del minore da parte della società, inizia e si realizza con l'elaborazione e l'individuazione dei diritti personali dello stesso. L'art.3 della Costituzione riconosce i fondamentali diritti dell'uomo, ed impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, sul presupposto che tutti hanno "pari dignità". Il riconoscimento di diritti, e l'impegno al "pieno sviluppo della persona" sono diretti, in modo particolare, ai soggetti minori, per definizione, in situazione di debolezza, per le specifiche esigenze evolutive che richiedono accompagnamento nella crescita, attraverso "apporti positivi" e la "rimozione di ostacoli". Quindi, il minore diventa a pieno titolo un soggetto di diritto, titolare non solo di diritti patrimoniali, ma di diritti inerenti ai suoi bisogni fondamentali e, con riferimento alla stessa Costituzione, anch'esso è titolare:
- dei diritti di libertà, garantiti seppure in proporzione all'età;
- dei diritti cosiddetti "sociali", riconosciuti quali prestazioni indispensabili per il suo sviluppo e per la sua dignitosa esistenza.
Tali principi si traducono in azioni concrete attraverso adeguati contesti educativi, affettivi e relazionali necessari per il sano sviluppo psico-fisico e la piena espressione di ogni potenzialità individuale, come meglio specificato dall' art.148 cod. civ., promuovendo pertanto, il diritto all'accoglienza, all'affetto e alle cure da parte di figure di riferimento stabili, a garanzia del primario diritto all'identità. L'art.1 della legge sull'adozione 184/1983 individua e afferma il diritto del minore ad essere educato nell'ambito della propria famiglia d'origine ma, in sua mancanza o incapacità ad assolvere a tale funzione, in altro ambiente familiare. Ciò, sostanzialmente, ribadisce il diritto all'educazione, secondo un concetto ampio che comprende il diritto allo svago, al gioco, all'istruzione, alla promozione della personalità, e che tale educazione deve essere " di tipo familiare" cioè personalizzata attraverso figure di identificazione primaria stabili ed accoglienti e non deve essere "omologante" e "totalizzante", secondo modelli e contesti istituzionali rigidi. Dall'affermazione di tali principi, riconosciuti dai trattati e convenzioni internazionali, sono derivate le norme statali e regionali che, con l'impegno dei giudici, degli enti locali e di tutte le istituzioni coinvolte, attuano il superamento dell'istituzionalizzazione dei minori e la progressiva eliminazione di quelle strutture d'accoglienza, ancora non del tutto scomparse, che non possono sostituirsi al calore familiare , irrinunciabile per uno sviluppo armonico della personalità e per favorire un positivo inserimento sociale del minore. Il significato di famiglia è ampio e in un autorevole vocabolario di latino si ritrova la parola "familia,ae" , con un significato più largo, "conviventi sotto lo stesso tetto". Solo nel corso dei secoli venne parzialmente modificato con l'aggiunta anche di "membri della casa uniti da legame di sangue", ma chi si occupa di indagare il mondo degli affetti e del rapporto adulti-bambini sa bene quanto il legame di sangue spesso non comporti la familiarità e, viceversa, quanto, anche in sua assenza, si possono sviluppare legami parentali significativi e profondi. Nella storia dell'umanità, l'attenzione e il trattamento riservati alla tematica dell'adozione hanno costituito costantemente un'importante spia della cultura che ha accompagnato l'evoluzione della famiglia biologica nella società. Il primo organismo internazionale per la tutela dei minori è il Comitato di Protezione per l'Infanzia, costituito dalla Società Delle Nazioni nel 1919. Nel 1924 fu proclamata la prima Dichiarazione dei Diritti dell'Infanzia che precisa la "responsabilità" degli adulti nei confronti dei minori. I tragici eventi della seconda guerra mondiale costituirono la causa più diretta per una profonda rimeditazione sul valore della persona umana e sulla necessità, quindi, della tutela dei diritti fondamentali dell'uomo. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (New York, 1948) affermò la fede nei diritti fondamentali e la dignità e valore della persona umana, la Convenzione Europea (Roma, 1950) sancì la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fino alla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (New York, 1959), che, enunciando principi e obiettivi per la difesa dell'infanzia, diventa punto di riferimento per iniziative legislative e attuative in tutti i Paesi. Nel 1946 nasceva l' UNICEF, importante struttura istituita dall' ONU, finalizzata ad affrontare la questione della tutela dei minori nel mondo, divenendo, dal 1953, un organismo internazionale permanente. Tuttavia, ci volle tempo perché il nuovo clima culturale internazionale si traducesse, in ogni Paese, in norme di legge aventi il fine precipuo di tutelare il diritto del minore a "crescere in modo sano sul piano fisico, intellettuale, spirituale e sociale in condizioni di libertà e dignità". Nel 1989, L'Assemblea Generale dell'ONU emana la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia; i principi, ivi contenuti, sono stati inseriti nel testo di ben 14 costituzioni nazionali e immessi nei programmi di studio di vari Paesi e ad essi fanno riferimento la Convenzione sull'Esercizio dei Diritti dell'Infanzia (1996) e la Carta Africana sui Diritti e il Benessere dei Bambini. La Convenzione dell'Aja per la tutela dei minori in materia di adozioni internazionali (1993), ratificata dall'Italia con la legge 476/1998, realizza, finalmente, una profonda revisione culturale e giuridica dell'istituto dell'adozione, affermando con forza il superiore interesse del minore. Altri atti internazionali importanti, quali la Dichiarazione di Madrid sugli aiuti umanitari (1995), la Dichiarazione di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei minori(1996), la Convenzione ILO n.182 sulle peggiori forme di sfruttamento minorile (1999) nonché la Risoluzione del Parlamento europeo sul traffico dei bambini (2001) completano uno scenario che vede in campo una nuova sensibilità e un nuovo interesse per la questione minorile da parte dei maggiori Paesi. In Italia, la situazione è cambiata profondamente a partire dagli anni '60, quando sono emerse due circostanze determinanti: da un lato una nuova cultura dei diritti all'infanzia tra cui, in particolare, quello del minore ad avere una famiglia, effetto soprattutto degli studi sui danni che la protratta istituzionalizzazione può produrre sui bambini, dall'altro il rilevante aumento del numero di coppie di coniugi senza figli, desiderose e disponibili ad accogliere nel proprio nucleo famigliare un bambino come un figlio legittimo a tutti gli effetti. Con la legge 431/1967 si realizza, quindi, quella che fu chiamata la rivoluzione copernicana dell'adozione: al centro non più gli adulti, ai quali il diritto romano riconosceva , attraverso l'adozione, il diritto alla discendenza e alla trasmissione del patrimonio familiare, ma il minore con il diritto a crescere nella sua famiglia o ad averne una adottiva, la cosiddetta "famiglia degli affetti", qualora si fosse accertata una situazione di abbandono. Nel 1977, il DPR 616 trasferisce competenze in campo assistenziale e tutti gli interventi a favore dei minori dallo Stato alle Regioni, ai Comuni e agli Enti Locali per l'indirizzo, la programmazione, il coordinamento e l'erogazione di servizi. La legge n. 285/1997 istituisce il Fondo per l'adolescenza e l'infanzia al fine di finanziare interventi di aiuto e sostegno della famiglia in un'ottica di collaborazione con le Aziende Sanitarie Locali, i Centri di Giustizia Minorile, i Provveditorati agli Studi e le Associazioni di volontariato. Infine, la legge n. 328/2000 istituisce e avvia un sistema integrato di interventi e servizi sociali a sostegno della responsabilità della famiglia. Nel giro di 30 anni, numerose leggi hanno individuato e definito le modalità per l'affermazione del fondamentale diritto dei minori ad avere una famiglia: la già citata 476/1998 sull'adozione internazionale, la 149/2001 sull'adozione nazionale ed internazionale, la legge 240/2001 che converte il decreto legge 150/2001 sul procedimento di dichiarazione dell'adottabilità. Tale produzione legislativa ha introdotto una profonda evoluzione non solo giuridica ma ha segnato anche un rapido mutamento nella società e nelle sue istituzioni, laddove per lungo tempo e fino ad alcuni decenni fa, in Italia, il codice civile del 1865 vigente fino al 1942 vietava l'adozione dei minorenni, consentendola solo agli ultradiciottenni cioè, in sostanza, un'adozione tra adulti. Una vecchia tradizione, in uso in alcune regioni del sud del nostro Paese, voleva che si mettesse sotto la testa del neonato due piccole federe, una riempita di grano, l'altra di zucchero. Quest'ultimo gesto affettuoso aveva come significato quello di auspicio che nulla mancasse al nutrimento del nuovo piccolo essere che era venuto al mondo, né per ciò che concerneva il bisogno come il pane che lo avrebbe alimentato, né per quanto riguardava, il desiderio come lo zucchero tanto piacevole al gusto. Una cultura dei diritti dei minori dovrà radicarsi e diffondersi maggiormente affinché benessere materiale e spirituale non siano più solo un auspicio ma una reale condizione di vita per tutti i bambini del mondo.
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